Tuesday, 23rd April 2024 14:29
Home / Il calcio senza i tifosi: come il lockdown ha influito sul mondo del pallone

Nella Bundesliga, il campionato di calcio più importante in Germania, è raro vedere un giocatore indossare la maglia numero 12. Questo perché quel numero particolare è riservato al “pubblico”, il 12° uomo non ufficiale, che ogni settimana, sia in caso di vittoria sia di sconfitta, dona il suo incommensurabile supporto e la sua energia. Qualsiasi sportivo professionista riconosce l’influenza degli spettatori sulle performance in campo. La tradizione tedesca di assegnare una maglietta ai fan è semplicemente un modo per formalizzare la cosa.

Tuttavia, da quando la pandemia da coronavirus si è diffusa in tutto il mondo, il 12° uomo è costretto a stare a casa. Anche se nella gran parte delle leghe professionistiche il calcio è potuto ripartire, i posti accanto al campo sono rimasti praticamente vuoti. Arene calde che una volta tremavano per la foga di decine di migliaia di spettatori, oggi sono gusci vuoti. Derubati dell’atmosfera, non ci resta che il calcio, diverso però da come lo conoscevamo.

Ma cosa è successo, nello specifico, al calcio senza spettatori? Gli stadi di calcio vuoti hanno cambiato il gioco? E che cosa significa il lockdown del calcio per le persone che ne sono state maggiormente colpite, cioè i fan stessi?

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Sembra passata una vita da quando il pubblico riempiva 
gli stadi della Premier League. (Flickr/Creative Commons)

GOAL! GOAL! GOAL!

Come molte altre competizioni, anche la Premier League inglese si è fermata improvvisamente verso la fine della stagione 2019/2020, con ancora 92 partite da giocare. Il campionato è ripreso a metà giugno e la stagione si è chiusa velocemente, ma l’effetto collaterale è stato la ripartenza con la stagione 2020/2021 il 12 settembre, quando di solito si sarebbe ricominciato ad agosto.

Una volta ripartiti, però, c’è stato il boom.

Secondo l’analisi della BBC, le prime 38 partite della stagione 2020/2021 hanno prodotto 144 gol, 40 in più rispetto alla scorsa stagione. La media gol per partita ha toccato 3,79, la più alta dal 1930.

Non sono mancati alcuni risultati clamorosi: i campioni in carica del Liverpool hanno perso 7-2 contro l’Aston Villa, una squadra che l’anno precedente aveva a malapena evitato la retrocessione. Il Tottenham Hotspur, invece, ha battuto 6-1 il Manchester United a domicilio, all’Old Trafford. In un “Teatro dei Sogni” vuoto, lo United è stato spazzato via dai londinesi.

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Meno fan = più gol

La BBC ha chiesto al difensore dell’Everton Michael Keane come mai ci siano stati così tanti gol. Keane ha suggerito che l’assenza del pubblico potrebbe aver contribuito: “Potrebbe aver dato agli attaccanti un po’ più di libertà di provare cose che probabilmente avrebbero evitato per la pressione del pubblico”.

Altri addetti ai lavori hanno affermato che il pubblico aumenta l’adrenalina, che a sua volta aiuta a concentrarsi – una qualità molto importante soprattutto per i difensori, perché li aiuta a giocare con sufficiente intensità per tenere a bada attaccanti di classe mondiale.

“I fan ampliano i tuoi sensi, aumentano l’intensità della tua reazione muscolare”, ha dichiarato Carlos Carvalhal, ex manager di Sheffield Wednesday e Swansea City, che oggi allena il Braga in Portogallo. “Ha una grossa influenza sulla testa dei giocatori, direi fino addirittura al 20%”.

Michael Caulfield, professione psicologo sportivo, è d’accordo: “Il calcio è un gioco basato sul pericolo, sulla paura, e questo è scomparso con l’assenza del pubblico negli stadi”, ha dichiarato alla BBC.

Ci si potrebbe aspettare che lo stadio vuoto influenzi in particolare la squadra di casa, dato che è risaputo come giocare tra le mura amiche conceda un vantaggio nel calcio. In realtà, è stato dimostrato il contrario, almeno secondo i numeri analizzati dal sito The World Game. Nel tentativo di misurare in che modo il vantaggio casalingo sia stato influenzato, il sito ha preso in considerazione le partite di Premier League giocate tra giugno e ottobre 2020, tutte a porte chiuse, confrontandole con tutte le gare precedenti del campionato.

Anche se i dati a disposizione erano ovviamente di dimensioni ridotte per quanto riguarda il calcio post-lockdown (130 partite rispetto alle 10.794 giocate prima del lockdown), la percentuale di vittoria per le squadre di casa è rimasta praticamente inalterata. Dopo il lockdown, le squadre casalinghe hanno vinto il 46,2% delle partite, rispetto al 45,4% del periodo precedente.

Ma non è tutto. Secondo l’analisi di World Game, il più grande cambiamento statistico si apprezza considerando le vittorie delle squadre in trasferta. Nel calcio pre-lockdown, dove il pubblico poteva recarsi allo stadio, le squadre in trasferta hanno vinto solo il 27,6% delle partite. Tuttavia, con gli stadi vuoti questa percentuale è salita al 36,9%.

(Queste due statistiche possono coesistere a causa della netta diminuzione nel numero dei pareggi. Da giugno a ottobre 2020 i match terminati in parità sono stati solo il 17,7%, contro il 26,1% di prima del lockdown).

SALUTE MENTALE

Uno dei motivi per i quali il calcio rimane un gioco così popolare nel mondo è la sua abilità di unire le comunità e riunire le persone, anche se i prezzi dei biglietti sono aumentati e le squadre sono diventate brand globali. Se vivete vicino ad uno stadio in Inghilterra, probabilmente la squadra che ci gioca sarà quella del vostro cuore. Con poche eccezioni, le squadre tendono a non cambiare città, come invece succede alle franchigie degli sport americani. Le squadre sono radicate nelle comunità, e seguirle è un impegno per la vita.

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I posti degli stadi sono rimasti vuoti in tutto il mondo dello sport

Ne consegue che il calcio, per molte persone, sia il cuore delle loro attività sociali. Alcuni appassionati di calcio seguono la loro squadra con un ardore tale da ingelosire le mogli, gestendo la propria vita in base agli impegni del team. Non deve sorprendere, dunque, che l’improvvisa mancanza di questa routine abbia avuto un impatto negativo sul benessere di alcuni fan. Se poi ci aggiungiamo la cancellazione degli sport amatoriali, derubare il pubblico della possibilità di guardare o giocare al calcio, capiamo perché molte organizzazioni temono per la tenuta mentale dei loro appassionati.

“Il calcio può farti evadere dalla tua realtà”, ha raccontato a Sky Sports Kevin George, ex professionista oggi scrittore ed esperto di salute mentale nel calcio. “Se lo togli, se togli quella botta di adrenalina, potresti dover affrontare qualcosa che è nella tua testa ma non riesci a capire. Molte persone potrebbero non avere gli strumenti per affrontare questa situazione”.

George stava parlando nello specifico degli stessi calciatori, ma il concetto si applica anche ai fan.

“Penso che il senso di comunità e di amicizia alla base del seguire la tua squadra siano importanti”, ha spiegato alla BBC Jack Lawrence, abbonato al Southend United. “Quando arriva il sabato, ti dimentichi di tutto ciò che succede nella tua vita e tifi la tua squadra per 90 minuti. È così importante per la salute mentale della gente, ed ecco perché è importante che gli stadi riaprano il prima possibile”.

John Gibbons, Head of Partnerships del podcast Anfield Wrap, a tal proposito ha parlato a Football Critic: “Sarà pure ‘soltanto calcio’, ma ci investi così tanto di te stesso che è normale sentire un vuoto, a prescindere dal tuo tifo”, ha raccontato Gibbons al sito. “Fa parte dell’identità delle persone, ed è una cosa che è stata portata via a tempo indeterminato. Nella migliore delle ipotesi crea ansia.

“Come molti, anche io grazie al calcio e alla mia squadra ho superato momento duri, e le persone con cui seguo le partite ci sono state nel momento del bisogno. Ora non ci sono, e questo è difficile per me. Dovremo trovare qualcosa per sostituire il calcio, ma in tempi di isolamento e distanza sociale, è difficile capire cosa”.

Ovviamente ci sono segnali incoraggianti: l’esilio dei fan potrebbe finire presto. Alcune leghe stanno provando a riaprire gli stadi, seppur con capacità ridotte, mentre il vaccino per il Covid-19 sta arrivando. Perciò, se vi manca la vostra famiglia calcistica, resistete. E ricordate: fatevi aiutare, se la vostra salute mentale ne sta risentendo, per qualsiasi motivo. Potete contattare:

UK
The Samaritans
The NHS
SANE

USA
Mental Health America

Altri paesi
Check Point

IN CONCLUSIONE

Chissà quante volte vi è capitato di leggere, nei mesi passati, che “il calcio senza pubblico non è nulla”. Mentre restiamo seduti in salotto, ad ascoltare gli effetti sonori di partite senza pubblico, mai frase ci è sembrata più adeguata alle circostanze.

In realtà, questa frase è una versione modificata di quanto disse l’ex allenatore del Celtic e della Scozia, Jock Stein. Ma se possibile, la versione completa è ancor più appropriata. Stein disse infatti: “Senza il pubblico che paga ai tornelli, il calcio è nulla”.

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Tutte queste persone hanno pagato per andare allo stadio

A livelli alti, il calcio riceve denaro da più direzioni, inclusi i milioni delle televisioni che pagano per i diritti delle partite, gli sponsor e le aziende che staccano assegni da capogiro per fare in modo che i loro nomi compaiano sulle magliette, i cartelloni pubblicitari e il merchandise ufficiale. Ma le ricevute del botteghino, cioè il denaro relativo alla vendita dei biglietti, ancora oggi rappresenta una grossa fetta del volume d’affari del calcio, ancor di più nelle leghe minori, dove le telecamere delle tv non compaiono.

“Il calcio non è lo stesso senza il pubblico allo stadio, e l’economia del calcio è insostenibile senza”, ha affermato la Premier League in un comunicato ufficiale diffuso a settembre. “La scorsa stagione, i club di Premier League hanno subito perdite per £700 milioni e ad oggi il calcio perde più di £100 milioni al mese. Questo sta cominciando ad avere un effetto devastante sui club e sulle loro comunità”.

Se i club di alto livello soffrono, l’assenza di supporter diventa ancora più pensante quanto più in basso ci spingiamo nella piramide del calcio. “Il calcio inglese è sull’orlo dell’abisso”, ha scritto Mark Ogden di ESPN. “Entro Natale, alcuni dei club più antichi e meglio gestiti potrebbero chiudere i battenti, portati all’estinzione dall’impatto devastante della pandemia da coronavirus”.

Ogden prosegue sottolineando con esattezza quanto poco denaro provenga dalla Premier League ai club più piccoli, i cui budget sono ovviamente molto più ridotti e molto più dipendenti dal botteghino. Questi club sono costretti ad affrontare decisioni molto difficili, come ad esempio sottoporre i giocatori ai test per il Covid-19, test che sono molto costosi, quando un paio di positivi potrebbe portare alla cancellazione di una partita. Il Leyton Orient, per esempio, ha dovuto rinunciare alla gara di Carabao Cup contro il Tottenham Hotspur dopo aver trovato alcuni giocatori positivi. Così facendo, il club ha perso £75.000 di diritti tv.

“Nel mondo non certo ricco della EFL [English Football League], ogni sterlina risparmiata è una sterlina guadagnata”, scrive Ogden, che cita poi Dave Burgess, direttore dell’Accrington Stanley (club di League One), che spiega come il club non possa permettersi di testare i suoi giocatori. “Devi assicurarti che le persone stiano quanto più al sicuro possibile, ma non possiamo permetterci di spendere £4.000 a settimana per i test”, ha detto Burgess. “Tutto il nostro staff che non gioca, io stesso incluso, ha dovuto sottoporsi al test [tramite l’NHS, il sistema di sanità pubblica] perché non potevamo permetterci di farlo privatamente spendendo £125 a testa… il corriere voleva £300 per portare i test al laboratorio nello stesso giorno, ma a causa dei costi li ho portati io stesso. Erano più di 100 miglia, ma sono salito in macchina e ho guidato”.

Anche se la Premier League può sentirsi immune alle difficoltà delle leghe minori, il picco della piramide dipende dalla forza della sua base. I club delle leghe minori trovano e crescono i giovani talenti; le squadre salgono e scendono di categoria, e hanno bisogno di avversari e partite da giocare.

“Siamo ad un punto di svolta”, ha dichiarato a ESPN Mark Catlin, CEO del Portsmouth. “Non voglio creare panico o isteria, ma penso che ci sarà un enorme effetto domino quando uno o due club spariranno. Altri non saranno in grado di prendere il loro posto, e molto presto chi è rimasto si chiederà se abbia senso continuare”.

La domanda, quindi, potrebbe non essere quando i fan potranno tornare allo stadio, ma se ci saranno ancora partite da guardare…

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