Il solito articolo sul poker presentato come sport? No, la riflessione che state per leggere riguarda due discipline che sono e rimangono estremamente diverse tra loro, ma negare le cinque somiglianze di cui stiamo per parlare significa solo che non avete mai giocato a poker, o che non avete mai giocato a tennis. O entrambe le cose…
POKER E TENNIS: SONO DAVVERO COSÌ DIVERSI?
Uno è uno sport, necessita di campi, racchette e palline e fa sudare tanto. L’altro è un gioco di carte, si gioca da seduti, necessita di tavolo, sedie, carte e fiches e non fa sudare tanto, a meno che il locale sia sprovvisto di aria condizionata o, peggio ancora, stiate improvvisando un bluff.
Naturalmente, l’argomento di questo articolo non è la realtà visibile a occhio nudo e le differenze estetiche persino macroscopiche. Se invece si indaga su “cosa c’è dietro”, allora improvvisamente – pof! – le somiglianze vengono fuori una dietro l’altra. Ho individuato quattro aree comuni, ma partiamo con quella che è forse la fondamentale.
1. IL MENTAL GAME
Sul mental game nel poker e la sua importanza sono stati scritti anche diversi libri. Conoscere le regole del gioco, saper mettere a punto le strategie e scegliere le giuste size di puntata sono sì aspetti fondamentali, ma il più importante di tutti è la gestione delle emozioni, intesa come capacità di mantenere lucidità nei momenti difficili e anche, a più alti livelli, saper entrare nella testa dell’avversario. Del resto, lo diceva un certo Doyle Brunson:
“Poker is a game of people. It’s not the hand I hold; it’s the people I play with” (Doyle Brunson)
“Il poker è un gioco di persone. Non è tanto la mano che hai, ma contro chi la giochi”. Riuscire a entrare nella mente dell’avversario è il jackpot definitivo di ogni poker player, la strada più sicura verso il successo.
Vediamo ora al tennis. Tra il giocatore numero 3 e il numero 30 al mondo, spesso, non ci sono enormi differenze tecniche. La differenza la si fa sì con i colpi ma, anche lì, sul mantenere un dominio sull’avversario, prevedere le sue mosse, togliergli certezze ove possibile. Prendiamo Novak Djokovic: non c’è un singolo colpo del serbo che si possa considerare il migliore di tutti, tranne forse la risposta al servizio. Per il resto, servizio, dritto, rovescio e volée sono sì di eccellenza ma nessuno spicca in maniera evidente. Eppure, Djokovic è il giocatore più forte della storia, o comunque di certo il più vincente. Perché? Perché nessuno, nella storia di questo sport, è stato mai capace di entrare nella testa degli avversari come ha fatto e fa lui.
Ovviamente ci sono diversi altri aspetti legati al mental game che accomunano poker e tennis. Ne menziono uno per tutti: come nel poker è necessario dimenticare una mano andata male e ripartire come se nulla fosse, così anche nel tennis bisogna pensare un punto per volta.
2. LA SOLITUDINE
Questa ultima considerazione ci porta al secondo aspetto che accomuna pokeristi e tennisti, che sono desolatamente soli. Ovviamente si parla di solitudine legata all’attività del gioco, e non alla vita in generale. I pokeristi hanno magari vite sociali soddisfacenti, molti amici, girano il mondo, ma al tavolo sono sempre irrimediabilmente soli con le decisioni che devono prendere: una size da adottare, un hero call da valutare, un fold difficile da trovare.
La stessa cosa vale per i tennisti, che sono spesso giocatori ammirati e invidiati, girano a loro volta il mondo, vanno a party esclusivi, ma sul campo da gioco la situazione non cambia: devono decidere da soli come rispondere a un colpo avversario, come reagire a un passaggio a vuoto, come rimettere in piedi una partita compromessa.
3. A CHIP AND A CHAIR
La citazione del mitico Jack Straus la conoscerete tutti. Ogni tanto, ne abbiamo anche una dimostrazione dal vivo, come nel caso di Giuliano Bendinelli all’EPT Barcellona 2022. Ebbene, nel tennis vige esattamente la stessa regola, seppure non scritta.
Un giocatore o una giocatrice che è sul 6-0 6-0 40-0 ha moltissime chance di vincere la partita, ma non può averne la certezza. Come detto prima, a volte può bastare un punto per cambiare tutto. Si pensi a Jannik Sinner, in semifinale di Coppa Davis 2023, contro un mostro come Novak Djokovic che lo aveva appena battuto alle ATP Finals, con l’Italia già sotto 0-1. Sul punteggio di 6-2 2-6 4-5 servizio Sinner, l’altoatesino si trova 0-40, dunque con tre match point a favore della Serbia di Djokovic. Jannik annulla il primo e si autoincoraggia. Sembra una cosa banale, perché tutti pensano che sia troppo tardi, ma lui no. Infatti, annulla i tre set point, vince 7-5 portando l’Italia al pareggio, poi gioca anche il doppio trascinandola in finale. Finale che poi vincerà, naturalmente.
4. LA FORTUNA
“Chi disse “preferisco avere fortuna che talento” percepì l’essenza della vita, la gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita, terrorizza pensare che sia cosi fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro, con un pò di fortuna va oltre e allora si vince, oppure no e allora si perde” “Match Point” (Woody Allen) – Monologo iniziale
Chiudiamo con una citazione da un film meraviglioso che, nel caso in cui non l’aveste ancora fatto, vi consiglio vivamente di guardare. Ovviamente, la componente-fortuna nel tennis è molto, ma molto più ridotta rispetto a quanto incida nel poker. Eppure, in entrambi i casi bisogna semplicemente prenderne atto, accettarne l’esistenza e andare avanti.
Un maestro assoluto in questo è Patrik Antonius (foto copertina) che, guarda caso, prima di diventare una leggenda vivente del poker, lavorava per diventare tennista professionista. Un grave problema alla schiena lo costrinse a interrompere quel percorso. Da lì, però, è nato un autentico mito del poker.
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