Saturday, 27th July 2024 09:55
Home / Phil Ivey e un bluff vecchio 19 anni ma che fa ancora tremare i polsi

Celebriamo oggi il talento di uno dei più iconici giocatori nella storia del poker: Phil Ivey. Nel novembre del 2005, lo statunitense diede un saggio delle sue qualità in un bluff leggendario, messo a segno nell’heads up decisivo del torneo più ricco di tutti al tempo: il Montecarlo Millions.

PHIL IVEY, LO CHIAMAVANO IL TIGER WOODS DEL POKER

Nato a Riverside, in California, il 1 febbraio del 1976, Phil Ivey cresce tuttavia in New Jersey, dove la famiglia si era trasferita. L’amore per il poker gli viene trasmesso dal nonno, con cui si intrattiene in divertenti partite a 5-card Stud. Poi, da giovane, conosce il Texas Hold’em grazie alle partite private con alcuni colleghi al lavoro che svolgeva al tempo, in un’azienda di telemarketing, nella seconda metà degli anni ’90. Scocca la scintilla e Phil gioca sempre di più, al punto da falsificare la propria identità per giocare ai casinò di Atlantic City, che gli sarebbero stati vietati non avendo ancora compiuto 21 anni. Il suo nome finto è Jerome Graham, ma diviene noto nell’ambiente dei giocatori con un nickname che è tutto un programma: “No Home Jerome” (Jerome senza casa, perché praticamente era sempre lì ai tavoli).

La svolta per lui arriva nel 2000, quando si reca a Las Vegas per cimentarsi nelle World Series Of Poker, vincendo il primo braccialetto nel 2.500$ Pot Limit Omaha. Nel 2002 ne vincerà ben tre e oggi, mentre scriviamo, è a quota 10. Ma già al tempo, ormai, era noto come la grande speranza del poker statunitense, peraltro il primo afro-americano a farsi strada nell’olimpo del poker.

Arriviamo così a quel giorno di novembre, a Montecarlo.

QUEL BLUFF PAZZESCO A MONTECARLO

Il 25 novembre del 2005, al casinò del Principato di Monaco si gioca il cosiddetto Montecarlo Millions, al tempo il più costoso torneo di poker live proposto in Europa: 25.000S di buy-in, con un milione di dollari per il vincitore. Vi partecipano in 112, tra cui top player coke lo stesso Ivey e come Phil Hellmuth, Gus Hansen, Chris Ferguson, Tony G, John Juanda, Phil Laak e altri ancora.

Al testa a testa finale, che sposta ben 400.000€ (la differenza tra il 1.000.000$ del primo e i 600.000$ del secondo posto) arrivano proprio Phil Ivey e l’inglese Paul Jackson.

Siamo al livello 12.000/24.000 con ante 5.000 e Phil è nettamente in testa a circa 4 milioni in chips, mentre Paul insegue a un milione circa.

Jackson limpa da bottone con 6 5 ma Ivey non ci sta e, con i suoi Q 8, rilancia da big blind fino a 60.000. Jackson chiama e così si arriva al flop, che è 7 J J. Phil Ivey rompe gli indugi ed effettua la sua continuation bet a 80.000, su un piatto da 176.000. Jackson, che era meno noto di Ivey ma a sua volta un gambler di alto livello, opta per un rilancio a 170.000. Passano interminabili secondi e lo statunitense fa il terzo rilancio, mettendo in totale 320.000 chips.
Qui già quasi tutti i comuni mortali avrebbero mollato la presa tra preflop e flop, invece siamo qui ancora oggi a parlare di un bluff sul bluff che ha dell’epico. Jackson si lancia in una 4-bet in bianco totale, alzando la posta a 620.000.

A questo punto Ivey entra in una di quelle pose che lo hanno reso famoso, la poker face più iconica della storia, tra l’attonito e il paralizzato, con gli occhi fissi apparentemente nel vuoto. Dopo interminabili minuti, Phil chiede a Jackson quanto abbia dietro. Costui gli risponde di avere circa 380.000 residue e, dopo altri lunghissimi istanti, Ivey spara il suo allin. La folla, non numerosissima ma decisamente fortunata ad assistere a questo spettacolo, è in fibrillazione. Alla fine, Paul Jackson non può che foldare!!!

Qualche anno dopo, nel corso di un’intervista, Jackson rivelerà altri particolari succosi: “Prima della sua 5-bet allin, Phil mi fissò per almeno 7 minuti”.

IL MEGLIO DI PHIL IVEY

Nel video che state per guardare non c’è questa mano, ma c’è una compilation che raccoglie altre giocate memorabili da parte di Phil Ivey, soprattutto nei prestigiosi eventi live organizzati da PokerStars. Giocate che fanno comprendere un po’ meglio perché il californiano venga definito “il Tiger Woods del Poker”.

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