Saturday, 27th July 2024 09:46
Home / Luca Pagano, dal poker agli eSports: "La sostanza è la stessa: mettersi in competizione con se stessi per superare limiti e obiettivi!"

Tra le tante sorprese che il recente EPT di Barcellona ci ha riservato, quali ad esempio il bellissimo – e sfortunato – 8° posto di Pasquale Braco, l’annuncio del PSPC 2020 e il progetto “Equilibrium” di Dario Sammartino, ce n’è una che non ha mancato di catturare l’attenzione di tutti coloro che erano presenti in sala durante il Day1B del Main Event.

Si tratta di un ritorno al poker per certi aspetti inaspettato, per altri molto significativo. Quello di Luca Pagano.

Inaspettato perché, da almeno due anni, il giocatore trevigiano ha messo uno stop alla sua quindicennale carriera di poker pro per diventare imprenditore nel mondo degli electronic sports, meglio noti come eSports.

Significativo perché il suo nome è legato, in modo inscindibile, al boom del poker americano in Italia.

974485bae1.jpgLuca Pagano

Primo giocatore italiano ad entrare nel Team Pro di PokerStars, Luca vanta 7 tavoli finali in altrettanti EPT Main Event, un titolo dell’Italian Poker Tour e oltre 2,2 milioni di dollari vinti in carriera in eventi live, solo per citare i vertici del suo curriculum di player. Ma il suo rapporto con le due carte va oltre quello dei risultati ottenuti al tavolo e riguarda l’intero settore poker: organizzatore, imprenditore, “volto e voce” del gioco raccontato in video, grazie a trasmissioni come Poker1mania e La Casa degli Assi.

Poi, nel 2017, la decisione di lasciare il poker giocato e organizzato in favore degli eSports. Un cambiamento netto, ma espressione di chi sa analizzare i tempi e ricominciare.

Da quella decisione e dalla collaborazione con un altro ex-PokerStars Pro, Eugene Katchalov, è nata QLASH, organizzazione con lo scopo di promuovere gli eSports in Italia e in Europa, nella cui sede di Treviso è oggi riunita la più importante squadra italiana di esporters. La “QLASH House” è a tutti gli effetti una academy dove i giocatori vivono, si allenano e streammano le loro performance ludiche, supportati da coach ed esperti di comunicazione. Da lì viene alimentata in tutta Italia la passione crescente per giochi come StarCraft, League of Legends, Clash Royale, Call of Duty, FIFA, Fortnite e molti altri.

Insomma, anche se il gioco è (in parte) cambiato, lo spirito di chi vuole continuare a essere protagonista è rimasto lo stesso. Di tutto questo – e qualcosa in più – abbiamo parlato con Luca Pagano in quel di Barcellona.

luca-pagano-team-qlash-academy.jpgLuca Pagano nel 2017, a metà tra Poker(Stars) e QLASH. Foto QLASH

PokerStars Blog: Ciao Luca, è un piacere riaverti sul nostro blog! Iniziamo dagli eSports che da più di tre anni sono diventati il tuo interesse principale. Come e perché è nata questa avventura?

Luca Pagano: il piacere è mio. Sono sempre alla ricerca di nuove opportunità di business, e quando ho conosciuto il mondo degli eSports ne sono rimasto subito affascinato. Per mesi ho studiato e analizzato il settore, sono andato sul campo a vedere come venivano organizzati gli eventi – ricordo ancora con entusiasmo il torneo di League of Legends a cui ho assistito assieme a Eugene Katchalov a Las Vegas – e alla fine ho deciso di fondare un team competitivo. Anche se devo dire che QLASH è molto più di un team eSports…

W7BN9cl1lpV3AUrPnsWmgt4cl3v5DV6dI5z5HrF6-650x325.jpegUna (piccola) parte del team QLASH. Foto QLASH

Quali sono oggi le potenzialità degli eSports, sia in termini di diffusione che a livello di industria del gioco? Chi è l’utente “tipo” degli eSports?

Le potenzialità degli eSports sono enormi. Siamo davanti ad un fenomeno destinato ad erompere in tutta la sua forza in tutto il mondo: già in alcuni Paesi sono considerati alla stregua di uno sport nazionale. In Italia siamo ancora un pochino indietro rispetto agli altri, ad esempio Spagna e Francia, ma nell’ultimo biennio le acque hanno cominciato a muoversi: ci arriveremo anche noi.

Chi è l’utente tipo degli eSports? Secondo la maggior parte delle ricerche è un maschio di età compresa tra i 16 e i 25 anni, e già da qui è facile capire perché molte industrie non endemiche stanno guardando con sempre più attenzione a questo settore: questa è una fascia demografica a cui è sempre più difficile rivolgersi, e gli eSports sono il “cavallo di Troia” perfetto.

Hai costruito un team di giocatori e uno staff, quello di QLASH, che è tra i più importanti a livello europeo. Che obiettivi ti poni adesso?

In questi tre anni siamo davvero cresciuti a livello esponenziale. Abbiamo cominciato con un solo team, quello di Hearthstone, e uno staff di persone che si contavano sulle dita di due mani. Oggi siamo attivi su oltre 15 titoli e abbiamo un ufficio a Sofia, a Valencia e a Kiev, oltre alla QLASH House di Treviso. La strada però è ancora lunga e l’obiettivo non può che essere quello di diventare uno dei team più importanti e influenti al mondo.

unnamed.jpgLa QLASH House di Villorba (Treviso). Foto QLASH

Qlash è anche il frutto della collaborazione con un altro professionista di poker, Eugene Katchalov. Come nasce questo binomio?

Conosco Eugene da parecchi anni ormai, siamo due persone che hanno la cultura del lavoro e che, sebbene siano molto diverse, professionalmente parlando si completano a vicenda. Tre anni fa ci siamo ritrovati a parlare di eSports e proprio in occasione di quel famoso viaggio a Las Vegas ce ne siamo innamorati: l’idea di coinvolgerlo nel progetto QLASH è stata una naturale conseguenza.

team-qlash-luca-pagano-eugene-katchalov.jpgI due fondatori di QLASH: Eugene Katchalov e Luca Pagano. Foto QLASH

Parlando di poker, ci sono elementi di continuità tra le due carte e gli eSports, o si tratta di universi paralleli e non comunicanti?

Per vincere a poker serve una profonda conoscenza delle regole e delle meccaniche del gioco, oltre a un mindset di ferro capace di tenerti in piedi quando le cose non vanno bene e di non farti fare troppi voli pindarici quando invece le cose vanno male. Ecco, sostituisci “poker” con “eSports” e la validità dei concetti rimane inalterata. Certo, ci sono titoli che richiamano le dinamiche delle due carte più di altri, come Hearthstone stesso ad esempio, ma devo dire che la passione, lo studio, la pratica e il mindset fanno la differenza tanto nel poker quanto negli eSports.

Il poker è stato una parte molto importante del tuo passato, sia nella veste di giocatore professionista che di organizzatore di tornei/eventi. Cosa resta di quel passato dentro di te? C’è ancora spazio per il poker nel tuo futuro?

Il poker ha significato tanto per me, per la mia evoluzione sia come uomo sia come imprenditore. Mi ha insegnato molte cose che mi porto dietro ancora oggi e che saranno per sempre parte di me. In questo periodo particolare della mia carriera mi sto concentrando su altri progetti, ma questo non significa che non mi vedrete ai tavoli di tanto in tanto, com’è successo per esempio all’EPT Barcellona, anzi…

Il poker è cambiato molto negli ultimi anni. Che idea ti sei fatto del poker di oggi e quale futuro pensi possa avere?

Credo che abbiamo attraversato il periodo più nero che ci potessimo aspettare, quello post-Black Friday dove sembrava che il castello dovesse inevitabilmente sgretolarsi da un momento all’altro. Probabilmente gli anni d’oro sono alle spalle, ma il settore ha trovato una sua collocazione molto precisa e solida e credo che sentiremo parlare di Texas Hold’em – e non solo – ancora per molto tempo.

Backgammon, scacchi, poker e ora eSports: c’è un “fil rouge ludico” nella tua storia personale. Perché il gioco è così importante per te?

Più che il gioco in sé e per sé, credo che per me sia importante il fattore competitivo. Non necessariamente e/o solamente battere l’avversario o gli avversari – che per carità, è sempre una sensazione splendida – quanto mettersi in competizione con se stessi e superare sempre limiti e obiettivi.

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