L’arte del bluff | Prima parte
Un giocatore ha posto la seguente domanda sul bluff, andiamo a scoprire la risposta.
D. – Ricordo di aver letto qualcuno dire che il bluff assume un’importanza sempre maggiore man mano che si sale di livello (NL100+). Quali sono i fattori da tenere in considerazione per effettuare un grosso bluff? Quali sono i thinking process utilizzati nell’analisi di questi fattori? Come fate a rendervi credibili per indurre l’avversario al fold? Come calcolate la frequenza del bluff?
R. – Ecco una sorta di saggio al quale mi attengo quando gioco.
Penso che comprendere il bluff alla base aiuti a comprendere meglio il concetto principale del bluff, ovvero che ha più efficacia man mano che si sale di livello.
Quando ci chiediamo “Perché?” sento che la risposta standard sia quella di accusare i giocatori dei livelli più bassi (per la maggior parte occasionali) di essere delle calling station. Ma se ciò è vero, non basta a spiegare cosa pensi il nostro avversario in quel momento, e perché i nostri bluff vengono chiamati più spesso ai limiti più bassi rispetto a quelli più alti.
Penso che riuscire a spiegare questo “perché”, oltre ad essere un esercizio interessante, possa offrire una nuova prospettiva su cosa tenere in considerazione quando si vuole bluffare, e possa aiutarci a farlo in maniera più corretta.

La prima osservazione che faccio a proposito riguarda il cosa vogliamo ottenere con un bluff. Ovviamente, quando bluffiamo, stiamo provando a far foldare al nostro avversario una mano migliore della nostra, e per farlo dobbiamo convincere il nostro avversario che la nostra mano è più forte della sua.
Oltre questo, dobbiamo anche riuscire a convincere il nostro avversario che il suo fold sia la scelta migliore, e che sia una decisione facile. La “storia che raccontiamo” deve essere così ovvia e convincente da portarlo a credere che il suo fold sia +EV nel lungo periodo, che gli abbia fatto guadagnare soldi, e che può dimenticarsi di quella mano.
Quando discutiamo queste mani su un forum, certe cose ci sembrano ovvie: “È un fold qui, perché l’avversario 4betta solo AA” o “è chiaro che l’avversario abbia chiuso il suo draw”, o ancora “l’avversario non overbetta mai in questo spot se non ha legato set o meglio”.
Questi sono consigli che a volte dispensiamo come se fossero ovvi. Come se l’unica scelta che potessimo fare sia quella di foldare, anche se la nostra mano è forte, anche se la maggior parte dei giocatori – soprattutto agli stakes più bassi – non fosse in grado di foldare. Potrebbe essere, tuttavia, che l’avversario abbia fatto questa giocata con l’obiettivo di farvi foldare, ed alcuni lo faranno senza nemmeno pensarci perché hanno ricevuto questo consiglio. E questo è brillante, perché saranno persino convinti di aver fatto la scelta giusta: avranno foldato di fronte alla “value bet” dell’avversario. E, cosa peggiore, faranno ogni volta questa giocata credendo di essere dei genii.
La strategia di bluff ideale, allora, è quella di far credere ai propri avversari che l’unica cosa che possiamo avere in quella mano sia la mano vincente, e credo che questo sia ciò che i più grandi bluffer riescono a fare mentre giocano. Sia che lo facciano consciamente o grazie ad un’intuizione, la decisione che hanno preso vi ha portato a credere che DOVETE essere dietro, e quindi foldate.
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